Insieme al teatro e ai resti del foro cittadino, il Tempio Capitolino rappresenta il più importante complesso di rovine e resti di epoca romana della Lombardia, e la più importante testimonianza monumentale della “Brixia” romana.
L’edificio fu fatto costruire da Vespasiano, tra il 73 e il 74, come dimostra la scritta originale riportata sul frontone: IMP. CAESAR.VESPASIANUS.AUGUSTUS. / PONT. MAX. TR. POTEST. IIII. EMP. X. P. P. CAS. IIII / CENSOR
Fu edificato sopra un preesistente tempio repubblicano in onore della vittoria dell’Imperatore sul generale Vitellio, nella pianura tra Goito e Cremona.
Il Tempio si trovava in posizione dominante: l’edificio sovrastava il Teatro, il Foro e la Basilica e – usando il colle Cidneo come sfondo – offriva uno spettacolare effetto scenografico. Ancor oggi, il contesto monumentale circostante è segnato dai resti di edifici che hanno simboleggiato la vita civile, sociale ed economica di Brixia romana: il Teatro Romano, sede di spettacoli e luogo di riunioni pubbliche, che si pensa potesse accogliere fino a 15 mila spettatori; il Foro, sede dei commerci; la Basilica, tribunale in cui si amministrava la giustizia.
Durante le incursioni barbariche del IV secolo d.C., il Tempio fu distrutto da un incendio e mai ricostruito, e venne infine sepolto da una frana del colle Cidneo durante il medioevo.
Solo nel 1823 il Tempio fu scoperto, quando vennero demolite delle vecchie case popolari e il piccolo parco (Giardino Luzzaghi) costruiti sul terreno spianato sopra l’importante edificio, ormai invisibile sotto terra.
Nel 1826, furono rinvenuti anche alcuni bronzi romani, fra i quali quattro ritratti di epoca tardo-imperiale e la famosa Vittoria Alata, e altri oggetti.
Tra il 1935 e il 1938, il complesso venne restaurato con l’utilizzo di laterizi, con i quali si ricostruirono le colonne corinzie, parte del pronao e le tre celle posteriori alla facciata, oggi adibite a museo lapidario.
Per riportare alla luce l’intero complesso, si sarebbero dovuti demolire tutti gli edifici che occupavano lo spazio del foro fino all’antica basilica in Piazza Labus, scavare fino all’originario livello del terreno e restaurare o ricostruire la maggior parte delle colonne del porticato attorno alla piazza, via Musei sarebbe diventataun ponte con delle scale che vi scendevano in più punti. Per evitare questo grosso lavoro che comportava la distruzione di altri edifici, ci si limitò a ristrutturare l’unica colonna del foro ancora integra, oggi visibile in Piazza del Foro.
Il Tempio ha l’impianto classico del capitolium romano a tre celle, una per ogni divinità della triade, con il colonnato solamente in zona anteriore e chiuso da un muro ai lati e posteriormente.
Si presume che in origine le celle fossero quattro, e che una venne demolita per ampliare l’adiacente teatro. Della cella centrale, la più ampia, resta l’antica soglia di pietra di Botticino.
Ogni cella custodiva un’ara in cui era onorata una divinità: probabilmente le tre divinità erano Giove, Giunone e Minerva.
Nelle tre celle si trova una ricca raccolta di epigrafi, steli commemorative e votive romane, provenienti dalla provincia.
Durante gli scavi all’interno del tempio sono stati rinvenuti alcuni frammenti di un’enorme statua maschile in marmo che potrebbe rappresentare Giove Ottimo Massimo Capitolino seduto in trono.
I reperti archeologici dell’ex Museo Lapidario Romano, come la serie di bronzi qui ritrovati, comprendente la famosa Vittoria alata, reperti greci, etruschi e romani sono esposti nel nuovo Museo di Santa Giulia.
5,60 metri al di sotto del pronao del tempio, tra il Capitolium e il teatro, si trova l’aula dei Pilastrini, una grande sala rettangolare divisa in tre navate delimitate da file di pilastri alti e stretti, che serviva da portico o da passaggio fra il decumanus e l’aditus occidentale del teatro.
Sulla destra del tempio si trova il teatro, dalla caratteristica forma ad emiciclo, in parte occupato dal Palazzo Maggi Gambara, una residenza signorile edificata in epoca trecentesca proprio sulle gradinate.
Della struttura restano solamente le file più basse delle gradinate, che poggiano direttamente sul terreno.